Chi non vorrebbe abitare in un appartamento confortevole, con spazi ben organizzati e quel tocco di originalità che non guasta mai? Per venire incontro ad esigenze del genere, nel secolo scorso è nata la figura dell’interior designer: un professionista specializzato nella progettazione di ambienti domestici, pubblici o di lavoro, nella scelta degli arredi e delle luci, nell’abbinamento dei colori, ecc.

Chi è l’interior designer?

L’interior designer non è – come credono alcuni – un semplice arredatore.

Certo, uno dei suoi principali “compiti” riguarda, appunto, la selezione di mobili, infissi e complementi d’arredo, ma tutto ciò costituisce soltanto una minima parte del lavoro, che invece ha inizio con la fase progettuale.

Prima di stabilire quale stile sia più adatto per un salotto o per la camera da letto, l’interior designer si occupa di suddividere lo spazio disponibile, proponendo – ove necessario – alcuni interventi minimi per utilizzarlo al meglio.

Per questo motivo, molti interior designer hanno prima conseguito la Laurea in Architettura (o in Design Industriale), per poi completare la propria formazione con master e/o corsi privati incentrati su discipline come: illuminotecnica, scienza dei materiali, bioedilizia, arte contemporanea, design grafico, ecc.

Quali requisiti occorrono?

Lo studio è, certamente, essenziale per entrare nel mondo dell’interior design. Tuttavia, da solo, non è sufficiente a garantire il successo.

Ecco, quindi, perché chi aspira a diventare progettista di interni dovrebbe possedere vari requisiti personali, come buon gusto ed occhio critico, ma anche ottime doti spaziali, passione e determinazione nel tenersi sempre aggiornato.

Parallelamente, al giorno d’oggi è impensabile fare a meno dei software di settore, come i nuovi strumenti per il rendering o la modellazione 3D: è quindi consigliabile seguire almeno un corso di livello base o intermedio.

Come lavora l’interior designer?

Sebbene, raramente, alcuni designer trovino impiego all’interno di grandi studi di progettazione, industrie del mobile o negozi di arredamento, la forma di lavoro più diffusa, in questo campo, resta la libera professione.

L’interior designer si propone, infatti, come Freelancer, offrendo i propri servizi ad una clientela piuttosto variegata, composta sia da privati che da strutture ricettive, bar e ristoranti, istituti bancari, punti vendita, ecc.

Può, dunque, aprire uno studio – come unico titolare o associandosi ad altri professionisti – e rivolgersi direttamente ai clienti, magari con inserzioni e annunci ad hoc. Oppure può appoggiarsi a produttori e/o rivenditori di mobili, serramenti, lampade, materiali edili, ecc. e prestare consulenza per loro conto.

Poco importa, comunque, quale sia la modalità scelta: l’interior designer che lavora freelance in maniera stabile e continuativa è sempre tenuto a regolarizzare l’attività nei confronti del fisco e, quindi, ad aprire la P. IVA.

Quanto costa mettersi in proprio?

Architetti, designer, arredatori: tutte queste figure sono accomunate dal medesimo inquadramento fiscale, ovvero libera professione.

Ciò significa che, per avviare questo genere di attività, non occorre iscriversi alla Camera di Commercio, ma è sufficiente rivolgersi all’Agenzia delle Entrate per ottenere il codice di 11 cifre di cui si compone la Partita IVA.

Qual è l’iter da seguire? E quali sono i costi? La procedura, da qualche anno a questa parte, può essere completata per via telematica e in sole 24 ore.

A tal proposito, esistono servizi online – come il noto Fiscozen – che si occupano gratuitamente dell’apertura, fornendo anche una consulenza preliminare per definire i vari dettagli (Codice ATECO, regime fiscale, cassa previdenziale, ecc.).

In questo modo si eliminano totalmente i costi iniziali, ma senza rischiare di combinare qualche pasticcio!

Passando, invece, alle spese da affrontare negli anni, esse si dividono in:

1) Imposte: pari al 5% per i primi cinque anni e, in seguito, al 15% del reddito imponibile (ossia circa il 78% degli incassi fatturati).

2) Contributi: pari al 25,98% del reddito lordo per chi lavora unicamente o in prevalenza come interior designer e, quindi, è iscritto alla Gestione Separata INPS. Diversamente, gli architetti o ingegneri che svolgono anche la professione di arredatore fanno riferimento ad Inarcassa, attenendosi al suo regolamento.